Jacques Derrida
Malgrado tutte le tensioni o contraddizioni che possono marcarla, malgrado tutte le perversioni che l’attendono, non si può comunque non coltivare l’etica dell’ospitalità. L’ospitalità è la cultura stessa e non è un’etica fra le altre. Nella misura in cui tocca l’ethos, cioè la dimora, l’esser presso-di-sé, il luogo del soggiorno familiare quanto il modo di esserci, il modo di rapportarsi a sé e agli altri, agli altri come ai propri o agli estranei, l’etica è l’ospitalità, è da parte a parte coestensiva all’esperienza dell’ospitalità, in qualunque modo la si apra o la si limiti. Ma per questa stessa ragione, e perché l’esser-sé presso di sé (l’ipseità stessa) suppone un’accoglienza o un’inclusione dell’altro nel tentativo di appropriarsene, di controllarlo, padroneggiarlo, secondo differenti modalità della violenza, c’è una storia dell’ospitalità, una perversione sempre possibile della Legge dell’ospitalità (che può sembrare incondizionata) e delle leggi che la limitano e la condizionano, iscrivendola in un diritto.